POLITTICO
DI GIOVAN BATTISTA CIMA DA CONEGLIANO
Il polittico
Il polittico di Olera è formato da nove pannelli disposti in tre ordini intorno ad una nicchia contenente una statua lignea raffigurante San Bartolomeo, patrono della parrocchia.
Il pannello centrale rappresenta la Madonna col Bambino. E’ una delle tipiche Madonne del Cima, da cui traspaiono umana tenerezza e serenità classica, nei tratti tristi e dolci insieme.
I due pannelli laterali a sinistra raffigurano San Girolamo e Santa Caterina, mentre a destra possiamo ammirare Santa Lucia e San Francesco. I pannelli inferiori, a figura intera, rappresentano San Sebastiano e San Pietro a sinistra, San Giovanni Battista e San Rocco a destra.
Lo stato di conservazione del polittico custodito nella parrocchiale di Olera può definirsi buono. Il dipinto è ancora racchiuso nella sua cornice originale intagliata e dorata, attribuita a manifattura veneziana, ed è stato ripulito e integrato in alcuni punti da Franco Steffanoni, in occasione della Mostra di Treviso del 1962 sull’artista di Conegliano.
Nel 1966 fu rimossa la tribuna marmorea dell’altare, consentendo una migliore valorizzazione del polittico.
Questo, con il San Francesco a Miglionico (Matera) e il Battista a San Fior di Sopra (Treviso), è uno dei tre polittici del Cima conservati nella loro interezza.
Le prime notizie riguardanti il polittico ci vengono dal resoconto della visita pastorale del 10 ottobre 1547, nella quale il vescovo Vittore Soranzo cita l’esistenza nella chiesa di San Bartolomeo di “singula icona pulcra”.
Anche nel resoconto del 1575 della visita pastorale di San Carlo Borromeo non se ne fa diretta menzione, ma viene citata una “icona magnam inajuratam et ornatam”, posta sopra l’altare maggiore, impossibile avere altre notizie dai documenti parrocchiali, che andarono distrutti da un incendio nel 1630.
E’ probabile che il polittico sia stato commissionato al Cima da tagliapietre originari del luogo, emigrati a Venezia, che abbiano poi trasportato l’opera nel luogo al quale era destinata. L’ipotesi è suffragata anche dalla presenza della statua originale di San Bartolomeo: il polittico è stato pensato per una chiesa dedicata a quel patrono, com’è appunto la parrocchiale di Olera.
Nel 1820 parlerà del polittico anche Maironi da Ponte, sottolineando il pregio dell'”ancona nell’altare maggiore composta di otto pezzi dipinti su legno”, attribuendola però erroneamente ad Alvise Vivarini, probabilmente maestro del Cima.
Del resto, forse a causa dell’ubicazione del polittico, in un piccolo centro della Val Seriana, pochi critici dell’Ottocento si sono occupati del dipinto, che resta una delle testimonianze più significative dei primi lavori del Cima.
Il Cavalcaselle lo assegna a Francesco da Santa Croce, nella maniera del Bissolo, rilevando difetti del disegno, nel movimento e nel colore. Solo verso la fine del secolo una commissione dell’Accademia di Bergamo che diligentemente lo esaminò (Botteon) lo attribuisce al Cima. Sul nome dell’artista e sulla datazione, che dovrebbe essere intorno al 1489, la critica è concorde, salvo il Puppi che non esclude sia collocabile alla vigilia del viaggio veneziano, quindi verso il 1487, il Coletti che lo ritiene alquanto posteriore per la dolcezza e morbidezza del modellato e lo Heinemann che lo colloca ai primi del Cinquecento.
Per il Burckhardt, Lionello Venturi, il Borenius, il Tarchiani e il Marini precede la pala di Vicenza; il Burckhardt ravvisa una affinità fra il S. Sebastiano e quello della Madonna tra i Santi dell’Accademia Carrara di Bergamo di Bartolomeo Montagna del 1487; il Berenson accenna ad influssi belliniani proprio nello stesso Santo prossimo a quello ripetuto dal Cima nella pala di Oderzo. La derivazione dal Bellini schietta e diretta è accentuata dal Tarchiani che accosta il Bambino di Olera a quello nel trittico (1488) della chiesa dei Frari a Venezia di Giovanni Bellini ma conclude ravvisando anche un secondario influsso di Alvise Vivarini che vede specialmente nella S. Caterina. Anche il Coletti nota riferimenti al Bellini nel S.Giovanni Battista e al Vivarini nel S. Francesco che ripete una tipologia derivante ad quello di Alvise nella Sacra Conversazione (1480) già in S. Francesco di Treviso; il Pallucchini ritrova l’impostazione di tre quarti della S. Caterina nella S. Orsola (?) di una piccola tavola, firmata dal Cima, rappresentante la Madonna col Bambino tra S. Orsola (?) e S. Giustina (?), del Museo di Memphis, che data in modo molto convincente fra il 1490 e il 1495, vede la Madonna col Bambino impostata secondo schemi belliniani, ma con uno squadro di costruzione, nel bimbo, ancora antonellesco e coglie nel S. Francesco e nel S. Giovanni Battista la lezione di Alvise Vivarini: è quindi portato a considerare il polittico eseguito dopo la pala di Vicenza, già frutto del soggiorno veneziano.
Il polittico, giudicato eccellente dal Morelli, è documento di eccezionale importanza perché in esso il Cima dimostra di avere già superato la fase di ricerca sperimentale propria del periodo di formazione. Può essere considerato il primo lavoro conosciuto dall’artista, antecedente alla pala di Vicenza e alla Madonna di Detroit, eseguito come quello di Vicenza a tempera, particolarità che ne conferma l’assegnazione al periodo giovanile.